Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d’Italia

 Storia di una diga giusta nel posto sbagliato

L’estate dell’oscuro 2020 sta giungendo al tramonto, siamo a fine settembre e io sono salita sull’auto insieme ai miei genitori per andare a trovare dei parenti nel Veneto a cui siamo particolarmente affezionati. Loro ci accolgono a casa loro e il giorno seguente ci accompagnano in un tour atipico tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Gran parte delle tappe sono state una toccata e fuga, come Cortina, il lago di Misurina (di una devastante bellezza), le tre cime di Lavaredo viste a distanza, ma gran parte della giornata l’abbiamo passata sulla diga diventata famosa per la tragedia che ha provocato: la diga del Vajont.

Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'ItaliaSiamo in Veneto e più precisamente a Longarone, la diga domina di fronte a noi, perfettamente incastonata tra le montagne del Friuli Venezia Giulia. Pranziamo a Longarone attendendo le 14,30 per la visita guidata, ignari che le mura che ci circondano e le strade che calpestiamo siano frutto della volontà di chi ha perso tutto: la casa ma soprattutto la famiglia. Longarone è infatti stata completamente ricostruita, dopo essere stata spazzata via dalla furia dell’acqua. Nei prossimi due capitoli vi racconterò la storia del Vajont con la voce dei giovani volontari di Longarone che passano i loro week end a narrare quel che è successo affinché le vittime non vengano dimenticate, dopodiché vi spiegherò la visita in sé con le mie sensazioni personali per poi chiudere con i consueti dettagli e curiosità. Buon viaggio bellezze!

La storia della diga del Vajont

Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'ItaliaL’uomo progettava di costruire una diga in questo bacino già negli anni 20, numerosi progetti sono stati presentati, ma fu l’ingegnere Carlo Semenza a convincere tutti (in primis la SADE, la società adriatica di elettricità) con la sua diga a doppio arco alta 200mt. Lo scopo della diga era raccogliere l’acqua proveniente dal fiume Piave e dai suoi affluenti per poi trasferirla attraverso tubazioni in cemento in diverse centrali idroelettriche.

La costruzione iniziò nel 1957 e finì nel 1960. Nella conca del bacino venne ritrovata una frana preistoricaDiga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'Italia enorme e si iniziarono ad accendere i primi dubbi circa la resistenza della roccia del monte Toc intorno alla diga. Quando venne fatto il primo invaso (ossia fu incanalata l’acqua per la prima volta all’interno della diga), vi furono diverse scosse di terremoto che attivarono la frana lungo la costa del monte Toc e i dubbi in Semenza che bloccò l’invaso e fece costruire una galleria di by-pass per sicurezza; Semenza morì pochi mesi dopo.

Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'ItaliaColoro che portarono avanti la diga cancellarono i rapporti che segnalavano le scosse di assestamento e proseguirono con il secondo invaso (bisogna farne tre prima di rendere una diga funzionante). Nel 1962 nasce l’Enel e la SADE vede l’occasione perfetta per “liberarsi” della diga, i cui problemi strutturali sono ormai palesi, quindi in fretta e furia procedono al terzo invaso (che porta l’acqua a 750m.s.l.d.m) provocando la scossa di terremoto più forte. Da quel momento la frana diventa incontrollabile, muovendosi di circa 2 cm al giorno. Siamo nel 1963. Il 9 ottobre dello stesso anno la frana (lunga 2km) si stacca dal Toc provocando un’onda alta 50 metri che si scaglia su Longarone; l’onda d’urto provocata dallo spostamento d’aria fu due volte più forte di quello della bomba di Hiroshima e fu letale per la maggior parte delle persone presenti nel paese, l’acqua fece il resto, cancellando letteralmente un paese dalle cartine geografiche. Morirono 1917 persone, pochissimi corpi furono ritrovati, alcuni anche a centinaia di km di distanza. Da quel giorno la diga non è mai più stata utilizzata.

Ancora oggi gli ingegneri vengono in questo luogo per studiare la diga, che in se è un’opera ingegneristica perfetta, mentre i geologi studiano il terreno per imparare gli errori che non bisogna più commettere.

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Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'Italia

La visita guidata sulla diga del Vajont

Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'ItaliaLa visita è stata piacevolmente guidata da una giovane studentessa delle superiori, che prima di accompagnarci sul coronamento della gigantesca diga, ci ha raccontato la storia che vi ho riassunto sopra. La visita dura circa un’ora, con una prima parte dedicata al racconto e una seconda “esplorativa”, in cui vivi la diga con le mani e con gli occhi. Camminare sul coronamento è un’esperienza fortissima, in contatto diretto con il calcestruzzo così sapientemente posato, sulla cima dell’opera giusta nel posto sbagliato. L’immensa frana ci osserva per tutto il tempo, scura ma ormai inerme con la vegetazione che cerca diDiga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'Italia mimetizzarla, nascondendo la sua natura. Ora Longarone è di fronte a noi e pare assurdo pensare che ai tempi della tragedia furono evacuati solo Erto e Casso, due comuni posti sopra alla diga e non Longarone, che pare un mirino da qui da quanto le rocce protendono verso di lei. La pelle d’oca a tratti inspessisce la pelle, un po’ per l’altezza impressionante a cui ci troviamo, ma soprattutto per la storia che echeggia in questa vallata e che purtroppo rafforza la convinzione per cui, ad un certo punto, la gente diventa solo un numero di fronte al guadagno e all’avarizia dei “potenti”.Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'Italia

Una volta conclusa la visita, abbiamo deciso di scendere dentro al bacino per vedere e toccare “le radici” della diga, godendo di una passeggiata tra la natura, dove per un attimo si dimentica dove ci si trova, finché la fredda parete grigia del gigante non ce lo rammenta, così come la frana, che da qui pare un’innocua collina.

Diga del Vajont: alla scoperta della diga più alta d'Italia

Ho fatto tante foto e video (che condividerò sul profilo Instagram), ho vissuto tante emozioni condividendole con i miei compagni di viaggio e mi sono convinta che il Vajont sia una di quelle mete che vanno fatte almeno una volta nella vita, per far crescere la moralità e il senso di responsabilità in noi, per farci cadere di fronte ai disastri che l’uomo può provocare, per poi trovare la forza di rialzarci più saldi e convinti di prima, forti della lezione appena imparata.

Purtroppo a causa dell’emergenza sanitaria le visite alla diga sono temporaneamente interrotte; aspettando che il mondo ricominci a girare come prima, vi invito a visitarlo appena sarà possibile (se non l’avete già fatto), spero intanto di aver acceso in voi la fiamma della curiosità, a presto bellezze!

Dettagli

Il costo della visita è di 6€ a testa, solitamente le prenotazioni le gestisce il circuito vivaticket (attualmente sospese).

A Fortogna, una frazione di Longarone, è stato eretto un cimitero monumentale in ricordo delle vittime e un museo che conserva reperti storici e fotografie dell’epoca. Gli attuali orari di apertura sono: lunedì dalle 15 alle 18, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 18, chiuso nei week end.

Nell’articolo ho scritto che il progetto di Semenza prevedeva una diga alta 200mt, ma SADE modificò il progetto alzando la diga a 261,60mt così da aumentare la capacità di contenimento e, quindi, i guadagni.

Nel 1968 è stato aperto un processo penale in seguito alla tragedia: su 22 indagati ne furono condannati solo 2 a meno di un anno di carcere. Non fu riconosciuta la prevedibilità della frana. L’Enel invece dovette affrontare le spese di risarcimento per tutti i danni provocati a persone, cose e all’ambiente che si dice ammontino a circa 22 miliardi di lire.

Curiosità

Ai tempi della sua costruzione, la diga del Vajont era la più alta al mondo, oggi è settima.

La Chiesa di Longarone ha due caratteristiche principali: il pavimento originale della Chiesa del 63, ritrovato dopo aver scavato per 7mt e una madonna senza braccia appartenente sempre alla Chiesa originale, che è stata ritrovata vicino a Venezia.

Toc in bellunese significa “cadere a pezzi“; al monte è stato dato questo nome proprio a causa della sua natura instabile e delle numerose frane registrate e documentate nei secoli.

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2024-11-20T18:55:58+01:00Marzo 12th, 2021|Errando per l'Italia|

Scritto da:

Sono Federica, perennemente in viaggio con la testa o con i piedi, scrivo per ispirare viaggiatori come me, alla continua ricerca della bellezza in Italia ed Europa.
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